La ricetta antirazzista di nonno Beppe
Rimuovere accuratamente la pelle, scartare la testa e le viscere, lasciar frollare la carne al freddo oppure in ammollo per due giorni in acqua e aceto. Prima della cottura si può far riposare ancora per qualche ora nel vino, insaporito con carote, sedano, aglio, alloro, sale e pepe.
Accendere il fuoco sotto un tegame e far rosolare la carne tagliata a pezzi con olio e burro, poi cipolla, aglio e prezzemolo. Lasciar cuocere il tutto aggiungendo poco alla volta del brodo aromatizzato al vino bianco, limone, alloro, salvia, chiodi di garofano, cannella, pepe e sale. Il recipiente non deve essere coperto e, dopo due ore di cottura, il piatto è servito.
Sembrerebbe un’innocente ricetta della nonna, ma il solo farvi riferimento potrebbe avere conseguenze disastrose. A un nonno di 77 anni costò il prestigioso posto di lavoro in una trasmissione di cucina sull’ammiraglia Rai. Vi aveva solo accennato, con un vecchio proverbio del suo paese: “A Berlingaccio chi non ha ciccia ammazza il gatto”.
Sì, stavamo parlando di gatto, ma parlavamo anche di Beppe Bigazzi, giornalista, notevole dirigente di diverse aziende, gastronomo solo nell’ultima parte della sua eccentrica carriera. Dopo 10 anni a La prova del cuoco, nel febbraio 2010 venne cacciato per aver alluso alla ricetta impronunciabile. Qualcuno tirò addirittura in ballo ipotesi di reato, come Francesca Martini, Lega Nord, sottosegretaria al ministero della Salute dell’allora governo Berlusconi.
Bigazzi ci ha lasciato il 9 ottobre, all’età di 86 anni, portando con sé i segreti della sua ricetta del gatto in umido, che di fatto non pronunciò mai. Di fronte a una spaesata Elisa Isoardi, tagliò corto con una frase che preannunciava quegli attacchi che presto sarebbero giunti dalla politica, fornendo già una risposta quanto mai anticipata: “Perché non difendono i conigli? Questi sono dei razzisti!”.