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Il Deca – Solitari e solidali

Quando le certezze vengono meno, ci si può salvare solo su quella zattera in cui la solidarietà con l’altro dà senso al sacrificio nostro.
(Eugenio Borgna, psichiatra)

Riflessioni decaffeinate, buone anche per i deboli di cuore

Tristi, solitari, ma non ancora al tappeto. Il coronavirus e l’isolamento forzato stanno cambiando le nostre vite, le abitudini, la socialità. Le lunghe attese fuori dal nostro locale preferito ad aspettare l’amico perennemente in ritardo sembrano ormai dei dolci ricordi se confrontate con questi giorni di quarantena. Ma l’essere umano è eclettico, capace di gesti di solidarietà del tutto inaspettati e di piccole azioni che ci distolgono per qualche secondo dalle preoccupazioni. Guardate questo video per credere:

E poi abbiamo più tempo per concentrarci su noi stessi, fare liste di cose che abbiamo capito e non abbiamo capito delle nostre vite, che se siamo fortunati (o personaggi della tv) ci può capitare che sia direttamente il Papa a citarci in un’intervista. Ma forse è più interessante leggere il decalogo di uno dei nuovi protagonisti delle cronache nazionali e internazionali, diventati “eroi” loro malgrado, che racconta meglio di qualunque articolo tutte le emozioni di un medico che lavora in uno dei nostri affollattisimi ospedali.

Ma visto che ci siamo appassionati a questo “gioco” degli elenchi, proviamo a farne uno anche noi e scopriamo quello che viene fuori.

Numero 1. Abbiamo capito che un Paese non può fermarsi mai del tutto. Le scuole sono chiuse, la maggior parte degli uffici pure. Però ci sono ancora molti italiani che, volenti o nolenti, continuano a fare il loro mestiere per il bene di tutti: farmacisti, panettieri, operai, fattorini. Le categorie di chi non si ferma sono molte, tra senso del dovere e legittime paure per la salute.

Numero 2. Abbiamo capito che, in salute e in malattia, gli ultimi restano sempre gli ultimi (e uno Stato non si può dimenticare di loro). Mentre impazza la polemica su perché si facciano i tamponi ai campioni della nostra Serie A e non si trovano le risorse per i medici (la risposta comunque è semplice, le società di calcio pagano per farli), ci sono dei volontari che in giro per l’Italia cercano di dare sostegno e conforto a senzatetto e tossicodipendenti. Accade a Milano, Firenze, Napoli. E a Roma, dove due cooperative offrono assistenza fuori dalla stazione Tiburtina a tossicodipendenti e a persone che a casa non ci possono stare, semplicemente perché una casa non ce l’hanno.

Numero 3. Abbiamo capito che la paura di vedere stravolte le nostre vite per sempre ci fa compiere gesti assurdi e scopriamo tristi verità. Dal padre di famiglia che si fionda al supermercato per paura che i beni di prima necessità diventino introvabili, ai consumatori abituali di droghe che fanno scorte con il timore che i rifornimenti scarseggino e i prezzi si alzino. Ci accorgiamo di essere tutti umani, perfino gli spacciatori che, spaventati dall’idea che uno dei loro clienti sia infetto, vendono cannabis e cocaina indossando i guanti come una qualunque cassiera.

Numero 4. Abbiamo capito che la solidarietà è un concetto ampio e ognuno la interpreta a modo suo. Ci sono imprenditori che pensano al benessere dei propri lavoratori, come ha fatto Giovanni Rana, che ha aumentato lo stipendio dei suoi dipendenti. Ce ne sono altri, con un  passato pure da Presidente del Consiglio, che preferiscono spostarsi poco al di là del confine, a Nizza per esempio, ma sempre con la Lombardia nel cuore. E poi c’è la solidarietà che prescinde dal soldo, certamente motivante, poco efficace in termini di benessere collettivo ma che potrebbe rappresentare uno “stimolo” ulteriore a trovare una cura al Covid-19. E magari strapparci pure una risata.

Numero 5. Abbiamo capito che, in una società dove viene chiesto di primeggiare a ogni costo per sentirsi realizzati, basta un virus per rimetterci tutti al nostro posto. È in questi momenti che si riscopre il valore terapeutico della sconfitta, dell’accettare i limiti del proprio corpo e delle proprie possibilità. Gli esempi più belli di fallimenti di solito arrivano dal mondo dello sport: avete mai sentito parlare di Luz Long, saltatore in lungo “sconfitto” da Jesse Owens alle Olimpiadi di Berlino del 1936? O del maratoneta giapponese Shizo Kanakuri? A raccogliere venti incredibili storie di sconfitte e redenzione ci ha pensato Rosario Esposito La Rossa con il suo libro “Eterni secondi – Perdere è un’avventura meravigliosa”, edito da Einaudi Ragazzi. Un testo che nasce per i più giovani, ma che in questi giorni di isolamento forzato può tenere compagnia e insegnare qualcosa a tutti noi. 

Numero 6. Abbiamo capito che non siamo tuttologi, che non dovevamo prendere alla leggera questo virus “cinese”. Abbiamo sbagliato, anche noi, con un articolo come questo, nel vano tentativo di analizzare una situazione che nessuno aveva mai affrontato prima, pensando che tutto sarebbe finito in pochi giorni nell’ennesima bolla di sapone soffiata ad arte da giornali e televisioni, che pur di avere un lettore o uno spettatore in più farebbero qualsiasi cosa. Ci siamo fidati delle rassicurazioni di eminenti virologi, invece oggi ci ritroviamo a pubblicare grafici sul numero di morti che cresce di giorno in giorno.

Numero 7. Abbiamo capito che creature minuscole possono fare la differenza e cambiare l’andamento della vita sulla Terra. Se oggi il coronavirus ci spaventa e mette in dubbio tutte le nostre certezze, 555 milioni di anni fa un animaletto simile a un verme sarebbe stato la prima creatura vivente ad affacciarsi sul nostro globo. L’Ikaria wariootia, questo il nome che gli è stato dato, potrebbe quindi essere un nostro vecchissimo antenato, almeno secondo i ricercatori della University of California – Riverside. Se fosse così sentirsi dare del verme da qualcuno potrebbe poi non essere così offensivo…

Numero 8. Abbiamo capito che i consigli della nonna sono sempre i più saggi e appropriati! Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo una super-nonna che ci dispensa le sue perle. La Ines, per chi non la conoscesse, è sbarcata su TikTok, dove sta mettendo a punto una guida a suon di hashtag #iorestoacasa utile ad affrontare tutti gli aspetti di questa nuova vita in quarantena

@loremipsum.news

#NonnaInes alle prese con il coronavirus! Ecco il suo rimedio per combattere l’epidemia! #washyourhands #italy #grandma

♬ suono originale – loremipsum.news

Numero 9. Abbiamo capito che mostrarsi soli può dare forza e, in qualche modo, essere un atto di solidarietà verso i milioni – miliardi – di persone che si ritrovano isolate, come tanti puntini connessi ma sparpagliati.

Solidarietà, stavolta non solo umana, ma anche politica ed economica, è quella che ha richiesto nel discorso di venerdì sera il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ai vari Paesi dell’Unione europea. Ma la vera solidarietà, con i gesti e le parole, il Capo dello Stato l’ha dimostrata verso tutti noi, a sua insaputa. Un siparietto imprevisto e inviato ai media per errore. Quel “Eh Giovanni, non vado dal barbiere neanche io” resterà alla storia quanto lo scopone tra Pertini, Bearzot, Zoff e Causio nel volo di rientro dal trionfo del Mundial ‘82.

Numero 10. Abbiamo capito che ci si può finalmente dare all’arte, alla lettura, alla musica e al fitness (anche solo per il tempo di un selfie, ve lo concediamo!). Audiolibri gratis, mostre visitabili online, lezioni di zumba e di yoga via streaming…e c’è anche chi posta un corso di chitarra sui social. Se poi quel qualcuno è un tale Brian May beh…che dire! Finisce che lo stesso storico chitarrista britannico dei Queen ringrazia dal proprio profilo instagram l’italianissimo Studio Aperto! Se non è questa…la solidarietà!

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