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Dopodomani

L’emergenza si è fatta normalità. Settimana dopo settimana, il lockdown ha cambiato le nostre abitudini, i nostri rapporti sociali e la nostra visione del mondo. Da giorni si parla di riaperture, di ripartenze e della tanto sbandierata fase due. Contact tracing, test sierologici, tamponi, sono parole entrate nel dizionario comune. Eppure. Eppure quello che ci servirebbe “per essere resilienti – scrive il professor Gianluca Briguglia – è sapere non quello che sarà (perché non lo sa nessuno), ma quello che potrebbe essere”. Di fronte all’iniziale e comprensibile difficoltà dei governi di tutto il mondo nel far fronte a una pandemia nuova e (forse) imprevedibile, è arrivato il momento di chiedere e pretendere “ventagli coerenti di eventi potenziali, anche alternativi”: insomma, è tempo di discutere in modo serio dei possibili scenari futuri. Tra task force, Mes ed eurobond, la classe politica italiana ed europea è finora apparsa impreparata. Soprattutto sembra che manchi un ambizioso tentativo di modellare un futuro che, come è stato scritto, rischia di riportarci a “una normalità che era il vero problema”. Forse è la storia che può venirci in soccorso: anche carestie ed epidemie passate affrontavano problemi che, nella sostanza, riguardavano la solidarietà tra le genti e le classi sociali. Discutiamo di tutto questo con Filippomaria Pontani, Professore associato di Filologia Classica presso l’Università “Ca’ Foscari di Venezia”, e Gianluca Briguglia, professore di Storia delle dottrine politiche all’Università di Venezia Ca’ Foscari.

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