Buona vita, Vita!

Vita, in quel gesto di mamma Francesca che spontaneamente abbassa la mascherina e bacia sua figlia. Perché dopo 18 mesi in cui preghi ogni giorno perché lei torni a casa viva, anche sticazzi del Covid: io ti scoppio un bacio potente sulla guancia, con tutto l’amore che ho.

Vita, negli occhi chiusi di Giulia. Quasi a non voler inquinare con le immagini il rumore dei battiti accelerati in gola, mentre la scritta “Arizona” della sua felpa americana danza con lo jilbab verde della sorella. Con il braccio accarezza e avvolge il capo velato di Silvia, come a gridarle quell’Andràtuttobene che tanto ci ha rincoglionito in questi mesi.

Vita, nell’inchino di papà Enzo che resta indietro per lasciare la gioia dei primi abbracci alle donne di famiglia. Lui osserva, paralizzato dall’emozione, poi piega il busto e fa il gesto regale con il braccio verso la sua regina in abito lungo. Che se non sapessimo la storia che c’è dietro, sembrerebbe quasi un piccolo rito giocoso tra padre e figlia prima di percorrere insieme la navata di una chiesa agghindata per le nozze.

Vita, nel gesto di mamma Francesca che toglie lo zaino dalle spalle della figlia. Quasi a dire: “Hai mangiato? Sei stanca? Come è andato il viaggio? Dammi le valigie! A casa ti aspetta il tuo piatto preferito”. D’altronde cosa può mai dire una mamma all’arrivo di sua figlia in aeroporto, qualsiasi sia il viaggio dal quale questa torni.

Vita, negli occhi di Silvia. Lucenti, in un gemito di pianto. Imbarazzati davanti alle alte cariche dello Stato. Forti nella rassicurazione verso la stampa: “Sto bene”.

Vita è il significato del nome con cui Silvia avrebbe scelto di chiamarsi d’ora in poi. Che avrebbe elaborato insieme alla sua nuova fede durante i giorni di prigionia. “Vita, vivente”: è quello che sei Silvia ed è l’unica cosa che conta. Buona vita, Vita, Aisha, Silvia. Bentornata a casa.