Il taglio sbagliato?
Il Movimento 5 stelle già esulta: “Con il taglio dei parlamentari lo Stato risparmierà oltre 100 milioni di euro l’anno, mezzo miliardo a legislatura”. Oltre a quello “simbolico”, quello economico è di fatto l’unico (benché valido) argomento messo sul tavolo dai sostenitori del Si al referendum.
Le cifre, però, sono un po’ diverse: secondo le stime dell’Osservatorio sui conti pubblici diretto da Carlo Cottarelli, il risparmio effettivo in caso di taglio 345 parlamentari (230 deputati e 115 senatori) sarebbe di circa 57 milioni di euro netti l’anno, 285 a legislatura. Poco più di un caffè al giorno per ogni contribuente, con conseguente riduzione della rappresentanza democratica, ben spiegata in questi articoli di Pagella Politica.
Ma c’è un altro taglio, che per diventare effettivo avrebbe bisogno solo di una delibera degli uffici di presidenza delle camere, e non di una riforma costituzionale: è quello dello stipendio dei parlamentari. Anch’esso, va riconosciuto, cavallo di battaglia del Movimento 5 stelle e del suo ex leader Luigi Di Maio, che lo vorrebbe come step successivo al taglio delle poltrone.
Il dimezzamento del salario di deputati e senatori, a conti fatti, porterebbe a un risparmio di 62 milioni di euro lordi l’anno, oltre 300 a legislatura. Cifre simili a quelle che potrebbero derivare da una vittoria del si al referendum del 20/21 settembre. La domanda, dunque, sorge spontanea: è possibile che quello dei parlamentari sia il taglio sbagliato?
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