Dove sono finiti i filosofi
Dove sono finiti i filosofi?
In questa settimana qualcuno li ha cercati nelle piazze. Ma niente. Solo petardi, calci ai cassonetti e vetrine spaccate. Nessuna passeggiata peripatetica a discutere di metafisica. Solo volgari schiamazzi, urla rozze e rabbia troppo poco erudita.
Gli attenti osservatori si sono indignati per non aver trovato Platone a manifestare nelle notturne agorà metropolitane. È la camorra hanno detto, anzi no, gli ultras, anzi no, gli estremisti di destra, anzi no, di sinistra, i centri sociali, gli anarchici.
Si dovrebbero proporre delle piazze a numero chiuso per le proteste. Piazze… Non esageriamo. Basterebbero dei marciapiedi per dei colti manifestanti che sappiano dire la loro in silenzio, senza disturbare. E invece no. Questi incivili urlano, rompono e ti tocca parlare di loro.
Dove sono finiti i filosofi?
Se la prendono con i giornalisti perché – dicono – con i loro racconti non hanno raccontato la vera disperazione, ma l’hanno creata, a suon di musiche tensive e ambulanze stroboscopiche: sotto i riflettori il positivo asintomatico, nell’ombra il commerciante appeso al soffitto della cantina. No. Non è abbastanza aristotelico il sillogismo.
E la violenza? È sempre da condannare. Meglio stare a casa, seduti in poltrona. A condannare. Irresponsabile è chi scende in piazza, rischia di contagiare. E il contagio deve essere condannato, sempre.
Dove sono finiti i filosofi?
Non ci sono più. Perché se vi fossero stati non avrebbero giudicato, si sarebbero bensì sforzati di capire. Avrebbero saputo scorgere nel più rabbioso e irrazionale dei gesti un’intera filosofia. E poi sarebbero scesi in piazza anche loro, a lanciare petardi, dar calci ai cassonetti e spaccare vetrine.
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