Soccia
“Vi odio finché non sarò anche io un vecchio di merda, vecchi di merda”, cantava Giancane qualche tempo fa. Intanto i “vecchi di merda” hanno segnato un punto a loro favore, entrando nel vocabolario, a schiena dritta, ma anche un poco ricurva. Non alla voce “inutili”, né tantomeno a quella “improduttivi”: la conquista risponde al nome di “umarells”.
L’edizione 2021 dello Zingarelli ha voluto consacrare il lemma bolognese ormai uscito dai confini dialettali d’origine per approdare sulla lingua di tutta Italia. “Pensionato che si aggira, per lo più con le mani dietro la schiena, presso i cantieri di lavoro, controllando, facendo domande, dando suggerimenti o criticando le attività che vi si svolgono”, è la definizione del dizionario per l’espressione. Dal bolognese ‘omarello, ometto’.
Un utilizzo della parola che in realtà, a dispetto di quanto si possa credere, non è per nulla vecchio: è datato 2007, anno in cui è uscita per Pendragon la prima edizione del volume ‘Umarells’ dello scrittore bolognese Danilo Masotti. Di umarells, di questi tempi, se ne sente la mancanza. La maggior parte dei cantieri agisce ora indisturbata, non ci sono guardiani a presidiarli: si produce e costruisce, e nessuno che controlla, fa domande.
I guardiani sono confinati nelle loro case, o in qualche Rsa, oppure su qualche letto d’ospedale. A colpi di Dpcm ne sono state spezzate le reni, sono stati messi a tacere, in un angolo, alla voce “state buoni”. Tutto, naturalmente, per il loro bene. Manco a Natale potranno essere tirati fuori dalla naftalina: se hai la famiglia a Milano e vivi a Varese, ti attacchi, il 25 dicembre lo passi a presidiare il palinsesto televisivo.
L’umarell sa di poterci fare poco. Sa che le sue proteste, le sue domande, le sue osservazioni vengono accolte con bonarietà e paternalismo dai lavoratori del cantiere. È rassegnato l’umarell. Ciò non gli vieta di ripetere al mondo il suo beffardo invito: “Socc’mel”, ovvero sia “Succhiatemelo”.
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