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Santa Modesta

“Ha mica qualcosa da darmi”, chiedeva con cortesia e l’accento del nord che tradiva le sue origini. Le rughe cavernose le segnavano il viso e lasciavano intravedere una vita fatta di sofferenza. Ma il sorriso sul suo viso dolce non mancava mai. 

Si chiamava Modesta Valenti, era una clochard e oggi è il nome di una via che a Roma conoscono tutti. Modesta forse non si chiamava nemmeno Modesta, ma era così che la conoscevano tutti. Era nata a Trieste nel 1912. Lì aveva vissuto a lungo prima di prendere un treno diretto a Roma. 

Prima di salire su quel treno, però, a Modesta era toccato un soggiorno in un ospedale psichiatrico che l’aveva segnata.

La legge Basaglia sarebbe arrivata solo qualche decennio dopo e Modesta fu costretta a sperimentare la crudeltà della scienza e dell’uomo. Non ne parlava mai, ma dai suoi racconti emergeva con prepotenza la violenza di quei momenti. 

La sofferenza che l’aveva segnata aveva viaggiato con lei da Trieste a Roma e l’accompagnava tutti i giorni in quel pellegrinaggio quotidiano che faceva verso la Basilica di San Pietro, a piedi. 

Nella città del Papa, Modesta viveva per strada: di giorno cercava di sopravvivere chiedendo l’elemosina, la notte il suo giaciglio era un mucchio di cartoni.

Faceva freddo, freddissimo quella notte a Roma. era il 31 gennaio del 1983 e Modesta, come tutte le sere era tornata a “casa”, al binario 1 della Stazione Termini. Quando cadde a terra in preda a un malore, alcuni passanti non esitarono a soccorrerla e chiamarono un’ambulanza. Ma Modesta su quel mezzo non salì mai. 

“È troppo sporca”: questa la sentenza di morte proclamata da quei giudici in camice che si rifiutarono di portare a bordo l’anziana. Dopo cinque ore di attesa e agonia, Modesta Valenti morì al gelo del binario 1 della stazione Termini. 

Per gli invisibili come lei è difficile vivere, ma è difficile anche morire. All’inizio fu identificata con un’altra persona, e il giudice che seguiva il processo sulla sua morte dimenticò di autorizzarne la sepoltura. Il suo funerale fu celebrato quasi un anno dopo. A volerlo con forza la sua unica famiglia: la comunità di Sant’Egidio e gli amici senzatetto, che ogni anno ricordano con una messa Modesta, e leggono una lista troppo lunga di morti per indifferenza come lei.

Ma la sua eredità non ha prezzo. A lei è intitolata una via, che non è come tutte le altre: via Modesta Valenti è la via indicata come domicilio da tutte le persone senza fissa dimora del comune di Roma. Solo così, con un domicilio, un senzatetto può esercitare il diritto al voto, iscriversi al servizio sanitario nazionale e avere gli stessi diritti di chi un tetto ce l’ha. 

È seconda, Modesta, come secondi sono tutti gli emarginati da questa società, mentre noi viviamo serenamente il podio dei primi. Una targa al binario 1 della stazione di Roma Termini ricorda a ogni passante Modesta e la sua morte ingiusta. “Perché nessuno muoia più abbandonato”, si legge. 

Intanto il giaciglio della martire dell’indifferenza è il letto di qualcun altro, che ogni sera alza gli occhi alla targa e invoca la protezione di Santa Modesta. 

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