È morto un vecchio

Mercoledì 17 febbraio, nel carcere di Parma non è morto un sanguinario, un omicida, un mandante, un boss. Non è morto lo spietato e onnipotente fondatore della Nco. Non è morto “Il Camorrista” Don Rafè.

Era detenuto in regime 41-bis, carcere duro. Ma non è morto colui che uccise a 22 anni, nel 1963, per un apprezzamento di troppo fatto a sua sorella. Non è morto chi cominciò a scontare così la sua pena, poi dentro e fuori, con tanto di evasioni sceniche. Non è morto il manovratore che quasi tutto il suo tempo lo ha trascorso dietro le sbarre, dove ha creato la sua Nuova Camorra Organizzata, a Poggioreale. Non è morto “Il Vangelo” Raffaele Cutolo.

Scontava il suo fine pena mai, anche se alla fine è finita. Eppure non è morto l’imperatore dell’ombra, il monarca che aveva fatto delle carceri le sue personali fortezze, la mente di mille braccia armate. Il mediatore mai pentito, che tuttavia aiutò lo stato a far liberare dalle Brigate Rosse l’assessore regionale democristiano Ciro Cirillo. Non è morto “O Professore”.

Mercoledì delle ceneri, nel reparto sanitario detentivo del carcere di Parma, è morto un vecchio. A 79 anni era il più vecchio del 41-bis. Questo innocuo e malconcio vegliardo, aveva chiesto di andare a morire a casa, ai domiciliari. Lo aveva chiesto in primavera e il tribunale di Bologna aveva detto no.

Già in estate le sue condizioni erano precipitate. Gli ultimi giorni sono stati un arrancare verso la morte. La moglie Immacolata aveva chiesto un colloquio straordinario visto il peggioramento. Ma non ha fatto in tempo a ottenerlo. Lo spietato è morto solo, senza neanche un Pasquale Caffiero a tenergli la mano, perché noi sì, abbiamo pietà.

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