L’Internazionale
I redditi alti e le aziende che hanno guadagnato con la pandemia dovrebbero pagare più tasse in segno di “solidarietà” nei confronti di coloro che sono stati più colpiti dal Covid e per aiutare la ripresa economica. Chi ha pronunciato queste parole rivoluzionarie?
La dirompente proposta arriva nientepopodimeno che dai compagni del Fondo Monetario Internazionale. Certo, si affrettano a dire dal Fmi, si tratti pur sempre di un’imposta “temporanea”, che sia mai che poi i ricchi si offendano. E poi un aumento delle tasse sui ricchi va considerato non tanto per risanare i conti pubblici ma per aumentare la coesione sociale, rafforzando la percezione che “tutti contribuiscono agli sforzi necessari per la ripresa dal Covid”, precisa Vitor Gaspar, responsabile del Fiscal Monitor. Insomma, i poveri devono credere che anche i ricchi stiano pagando dazio, e così essere più contenti e appagati mentre muoiono di fame.
L’anatema anti-capitalista della Brigata Monetaria Internazionale si scaglia addirittura contro le multinazionali. Per evitare una “corsa al ribasso” e scongiurare che la concorrenza fra i paesi si giochi solo sul fronte delle tasse, ecco che l’Fmi sostiene di veder di buon occhio la proposta, giunta da un’altra istituzione bolscevica come l’amministrazione di Joe Biden, di una minimum tax globale sulle grandi aziende.
Tassare i grandi patrimoni e le multinazionali. Patrimoniali e prelievi forzosi. Progressività e ridistribuzione. Sono arrivate a sostenerle, in una forma embrionale, anche gli organi più strenuamente preposti alla difesa del neoliberismo. Certo, sempre in ottica caritatevole e per non far arrabbiare troppo i poveri. Alle nostre latitudini, manco quello. La patrimoniale? Un tabù. Le tasse per le grandi aziende? Eh, ma poi come fa a ripartire il mercato. Non resta che unirci allora alla lotta finale e cantare tutti in coro il nuovo inno dei lavoratori: “Uniamoci, e domani il Fondo Monetario Internazionale sarà il genere umano”.
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