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Fischi al delattore

All’ombra dell’ultimo sole, faticava ad assopirsi Alessandro Gassman. Venne al suo orecchio un gran vociare / e lui si mise lì a pensare / se chi da solo alla libertà rinuncia / non debba vendicarsi con una denuncia. Laralallallalallalà laralallallalallalà.

E poi convinto di aver ragione, raccontava al mondo la sua buona azione, ma c’è chi diceva è delazione e gli rispondeva “sei un gran…”. Basta tormentare il pescatore.

Quel che è successo è ormai noto ai più ed è purtroppo nota a tutti la pratica. Sabato 10 aprile, alle 5 di pomeriggio, Alessandro Gassmann scriveva ai suoi follower:

“… sai quelle cose di condominio quando senti in casa del tuo vicino, inequivocabilmente il frastuono di un party con decine di ragazzi?… hai due possibilità: chiamare la polizia e rovinarti i rapporti con il vicino, ignorare e sopportare, scendere e suonare…”

Sì, già altri hanno notato che le possibilità in realtà sono tre. Ma il vero problema è che lui avrebbe scelto la prima. Risultato: una pioggia di insulti, ma anche qualche sostenitore. Inutile aggiungersi alla lunga lista, dopo una settimana in cui sono entrati nell’appassionante dibattito altri personaggi dello spettacolo e giornali.

La delazione è tanto odiosa quanto vecchia abitudine. Non ci sorprende che un vicino non esiti a denunciare il prossimo suo, se per giunta è quello dell’erba più verde e alla sua faccia si sta divertendo.

Il vero elemento di novità di questa delazione 2.0 sta piuttosto nell’esposizione della delazione. La stessa vecchia pratica che prima si nascondeva nell’ombra dietro le quinte e si rifugiava nei tombini del sottopalco, è oggi fieramente decantata in scena come il più glorioso dei gesti.

Ma a questo punto, l’attore non deve temere i fischi: non sono altro che i nuovi applausi, che si uniscono al coro del whistleblowing.

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